di Carlo Pompei
Il PCI si dissolse nel 1989 per questioni estere, il suo surrogato era progettato per resistere allo tsunami provocato da tangentopoli.
Le prove che avrebbero dovuto inchiodarne componenti e probabilmente i vertici, scomparvero per magia contestualmente al suicidio di Raul Gardini.
Rimase in piedi, però, il capo di accusa per la maxi tangente.
Di Pietro di lì a poco intraprese carriera politica, ma, coerentemente, abbandonò la magistratura.
Lo fece nelle file di quel che rimaneva del partito contro il quale non riuscì (non siate maliziosi) a trovare prove schiaccianti.
I tempi del CAF (Craxi Andreotti Forlani) erano tramontati, Spadolini l’aveva scampata in calcio d’angolo, ma soprattutto Napolitano, da ex ministro e da ex presidente della Camera, ne usciva pulito e profumato, con grande soddisfazione e sollievo di D’Alema, Veltroni e Occhetto che ancora remavano nella stessa direzione sulla “gioiosa macchina da guerra”, mentre Fassino – essendo più alto di tutti – guardava più lontano, verso le banche: Cossutta aveva ragione, Mosca non avrebbe pagato per sempre.
Alla Cortina cominciarono a preferire Davos.
Nel frattempo, in quegli anni si firmano trattati importanti, ma la classe politica italiana è in subbuglio e le sedi sono vacanti, chi le occupa non vuole o non può decidere indipendentemente, l’Europa pressa e non stanchi di fregature sulle monete uniche, gli italiani lanciano gli ultimissimi spicci in lire a Craxi.
Grillo è in brodo di giuggiole, il suo nemico è abbattuto e il di lui partito è polverizzato.
Ha un’idea, ma ci vorranno venti anni per realizzarla e soprattutto ci vorrà l’aiuto di uno stravagante capellone, un tizio a metà tra John Lennon e Bill Gates.
L’Europa, dicevamo: in quel periodo Germania e Francia hanno governi stabili e sono attenti ai contratti che vengono “proposti” (ma da chi?). Noi, invece, sull’onda lunga dell’onestà (vi ricorda qualcosa?) di mani pulite, vogliamo dimostrare che siamo affidabili, che i ladri sono stati assicurati alla giustizia e che un fesso indefinito traghetterà l’Italia nell’avventura europea.
Sì rivelerà un lancio senza paracadute.
L’inde-fesso Prodi, quindi, supportato da un “sottile” ex braccio sinistro di Craxi, miracolosamente scampato al citato tsunami, dirà che il popolo italiano è d’accordo.
La leggenda narra che fu firmato alle 19, 36 minuti, 27 secondi.
Come sappiamo, però, il piano non andò come previsto, la sinistra capitolò davanti a quello che doveva essere il loro punto di forza.
Se hanno cacciato Craxi, gli italiani saranno furiosi anche con i suoi amici, pensarono.
E invece no, agli italiani il nuovo che avanza piace, sarà votato, accusato, denigrato, condannato. Insomma: sarà.
Ma sarà anche la fortuna di giornalisti che costruiscono la propria carriera per cercare di distruggere la sua.
Fiumi di inchiostro – direbbero i retorici – nulla di più.
È ancora lì a contendersi la poltrona da premier contro l’ennesimo frutto dell’antipolitica.
Chissà dove sarà tra venti anni.
Di Maio, che avete pensato?
Carlo Pompei
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