Di Maio: niente di buono all’orizzonte

La sacrificabilità di Di Maio in funzione del recupero postumo di Di Battista – figliol prodigo prossimo venturo a bocce ferme ed effettuato il giro di orizzonte – era più che prevedibile.
La strategia della Casaleggio è ibrida: metà su base di consenso e metà su pianificazione pubblicitaria commerciale.
L’esperimento fallì con Di Pietro, poiché non applicabile a un personaggio conosciuto con proprie peculiarità e trascorsi.
Funziona bene, invece, ponendo sotto i riflettori personaggi sconosciuti costruiti all’uopo e al momento.
Ciò genera un doppio vantaggio.
1) l’affluenza di consenso da populismo di ritorno ben accetto dalle fasce disagiate, deluse dalla vecchia classe politica e illuse dalla nuova (strategia simile a quella che consentì a Berlusconi di uscire paradossalmente vittorioso da tangentopoli).
2) la sottovalutazione iniziale da parte degli antagonisti (non soltanto Fassino), poi sfociata in frustrazione da inseguimento perenne della strategia adottata dal dilettante, ma pensata da professionisti.
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